L'orgoglio cimbro, una questione di cultura

05.02.2019 - Si dice che "azpe di altn håm gesungen, asó visplnda di djungen": così come cantavano i vecchi fischiano i giovani. E a sentirli sembra una musica arrotolata su una partitura medievale del tedesco.
Nel mondo dei Cimbri la capitale è a Lusérn, all'ingresso della Valsugana. Un valico, così dice il nome, in una piega a 1.333 metri d'altitudine tra il Veneto e il Trentino. Eppure qui nessuno sembra sentirsi una comunità assediata, semmai un'enclave esotica che ammalia 12 mila visitatori ogni anno.
L'orgoglio cimbro è disseminato "nei toponimi bellissimi dell'altipiano e in una religiosità cristiana intrisa di paganesimo", come racconta Fiorenzo Nicolussi Castellan del Kulturinstitut.
Se è impervio raggiungere Lusérn, allo stesso modo sono decine i sentieri da cui si può arrivare, tra la boscaglia rigogliosa, compreso "Il sentiero dell'immaginario" che sigilla il realismo magico di questa comunità.
I Cimbri sono orgogliosi di produrre da sempre il Vezzena, il formaggio dell'imperatore. Francesco Giuseppe è arrivato qui, lo si vede in una foto ingiallita, a incontrare gli uomini e le donne custodi della lingua madre, a loro volta discendenti di coloni bavaresi scesi nel Medioevo.
C'è stato un tempo, negli anni 20 dello scorso secolo, che Lusérn contava da sola più di mille abitanti e i Cimbri popolavano l'Altopiano dei 7 comuni nel vicentino e quello dei 13 comuni della Lessinia. Oggi in mille in tutta la provincia autonoma si dichiarano Cimbri e di loro 269 risiedono a Lusérn.
"Si può dire che un 40% la usi come lingua comune, ma tra i bambini ormai solo un 20% - sorride Nicolussi Castellan - Mia figlia ad esempio parla italiano e capisce il cimbro". E' vero che quasi 8 persone su 10 si chiamano Nicolussi, ma difficilmente sono imparentati fra loro, "è tradizione che gli uomini vadano a trovar moglie in valle", dicono.
Bisogna ascoltare il cimbro per capire la miscela di uomini e natura, case di pietra addossate e i profumi di rosmarino, sambuco, tarassaco, ginepro e camomilla che inondano i prati d'estate. E' un paesaggio di storie: mercanti, marmaglie armate e contadini, il rigore asburgico e l'italianità che a volte si è fatta violenta e resta paternalistica.
Come scrive il poeta Adolfo Nicolussi Zatta, "Di månnen machan haüsar/un gian vort von lånt": gli uomini costruiscono case/e lasciano il paese.
E questo spiega perchè la memoria del luogo è stata messa di recente online, "disponibile a tutti gratuitamente o da ascoltare in qualunque in qualunque luogo ci si trovi, scaricabile dai propri dispositivi mobili".
Francesco Zuin, dell'Università di Trento, ha curato per conto dell'Istituto la "Mediateca cimbra", ritrovando una quarantina di video, un migliaio di foto, decine di registrazioni fin dagli anni 50.
Perchè alla fine, qui la vera minaccia è l'oblio, non la modernità

Fabio Bozzato

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